Che le donne al mare sono anche più belle è risaputo. Perché il nudo largito da quei tre palmi di costume le favorisce? No: è la felicità a favorirle. Una felicità multipla: incantesimo e frenesia; vitalità e torpore, oblio e antelucana memoria.
Vedetele erette, il piede lambito dall’onda ricciuta, fisse al mare che il cielo schiaccia, avendo in ogni punto un peso ardente, e con alle spalle un frastaglio di scoglio, e la distesa della sabbia che si disfà in luce, folgorando. Così, ritagliate nell’azzurro, si direbbe che sentano la loro potenza in modo assoluto, libere, dimentiche dei quotidiani duelli, delle stesse quotidiane vittorie.
E vedetele allungate su una moderna scacchiera di cuscini di gommapiuma dal colore limpido e violento. Prese, come in una rete, nel consumante vibrio che pervade le cose, pur così inerti e sognanti, partecipano a quel discorso fitto e quasi implacabile che s’intreccia fra terra e cielo.
È una felicità che ha a vedere col valore della bella giornata; la quale, al mare, deve avere quasi la durata di una stagione, un blocco schietto di tempo sereno, calato da un altro giro, da un altro sistema, su certi lidi benedetti, dove la gioia stessa acquista una diversa finezza, addirittura una diversa sostanza.
Di punto in bianco i colori sono gli stessi e anche diversi: per cui si direbbe che uno smalto renda ogni apparenza specchiante, mentre invece si tratta di una leggerezza nuova, di una innocente confidenza, alla quale le donne partecipano impetuosamente, spesso rivelando una seconda personalità.
Il vestito più difficile da portare è il nudo, e quindi, a conti fatti, il costume da bagno. Macché la crinolina, lo strascico, o l’abito impero. E non tanto per una esigenza di bellezza o di avvenenza la tenuta da mare risulta ardua, quanto perché occorre una disinvoltura che s’imponga di per sé, velando, quasi cancellando, il nudo. Per cui l’armonia fisica conta forse esclusivamente in quanto può favorire quel distacco, quel grado di ritrovata innocenza. Disinvoltura, irresistibile grazia. Bisognerebbe prendere lezione dalle statue, nudo senza memoria. E sarebbe una splendida lezione.
Una donna che si dimostri troppo persuasa delle proprie attrattive fisiche, è per lo meno sconveniente. L’essenziale è il contegno, lo stile. Sbaglia dunque, chi vede il gusto della vita di mare nell’ambizione di mostrarsi: il vero miraggio consiste nel riscatto di quella serenità che viene appunto dalla naturalezza.
Nei moderni costumi da bagno, le donne hanno conquistato una squisita scioltezza e dimenticanza di sé.
Anni addietro le vedevamo mostrarsi alla grande ribalta della riva, prese nel riflettore del mezzogiorno, con la tracotanza che dà l’impaccio allora allora superato.
In quella continua risacca di rinnegata titubanza, apparivano sempre un po’ addietro o un po’ avanti a se stesse. Malsicure della propria accivettata nudità, ne ridevano come d’una follia: un riso che le ansietava, le sommoveva, le tarlava. Meno del petto, le spalle lo resistevano; e meno ancora i ginocchi che si cercavano, urtandosi: ed era un chiacchiericcio, un pettegolezzo di tutti i muscoli. Tanta fatua ilarità, alimentata di se stessa, le disarmava, smascherandole puerilmente.
Attraversavano infine la spiaggia di corsa, e si gettavano in mare, badando a difendere il viso truccato e quei ricciolini, già dell’acqua imperlati.
In quel gioco fra spavalderia e timidezza era l’irritantissimo pepe delle tenute da spiaggia.
Invece, da quando le donne hanno preso a trattarsi con franchezza, a intonare in tutt’altro modo la loro civetteria, la tenuta da spiaggia, o da mare, non è né irritante, né piccante, né scandalistica: è semplicemente una splendida espressione della vita moderna. Ma quest’oblio di se stesse, in cui consiste sempre il segreto della disinvoltura, non dipenderà anche dal sentirsi a proprio agio, e lusingate, dai nuovissimi costumi che sostengono senza serrare, che contengono senza comprimere, e riportano la figura a un profilo quanto più possibile puro?
[…] Ma ecco l’origine di quella scioltezza, di quell’agio un tantino sprezzante, di quel senso di libero gioioso spazio che, sorprendentemente, queste donne portano con sé, di quella superiore negligenza, talvolta spiritosa, che fa tutt’uno con la spontaneità e può diventare un’apoteosi del movimento: è l’abito, che, al solito, ha fatto il monaco, un abito di pochi centimetri; sia di raso stampato in filato Lastex, una specie di giustacuore che alle reni si rialza arricciato, scoprendo i calzoncini da nulla, sia in un faille baiadera, un busto limitato da un ventaglio di gonnellino, sia, in una maglia aderente stampata in moderne fantasie astrattiste, una semplice guaina, o, in due colori, bianco gelsomino e rosso garofano, un corsetto che si prolunga, come un calice capovolto, poco al di sotto del fianco.
Aria di Capri, aria di Positano, di Versilia, di lido veneziano, di Liguria, che cosa significa? Significa un particolare amore di vita, che si riflette nel gusto. È un modo del sorriso, una leggerezza che ha qualcosa in comune con l’energia animatrice della danza: ritmo e libertà; e finisce col dare all’eleganza un tono che suol dirsi internazionale, unicamente perché il timbro di quella felicità gli stranieri di tutto il mondo lo trovano nel nostro Paese.
Gite al mare, soggiorno al mare. Quello che ci proponiamo è raggiungere – sole, più spazio, più nuoto, più contemplazione – un grado di superiore incantesimo che rasenti la felicità. Vogliamo perderci la vista, essere come uno che dorme a occhi aperti. Affondare in un soporifero nulla, e tuttavia vedere. Infine (ma è il segreto di Pulcinella) in questo nulla si raggiunge la beatitudine; e la possibilità di rimbalzare a fiore di coscienza, per rinnovare e approfondire la conoscenza con se stesse.
Dimenticarsi di sé, significa essere sicure di sé; e a questa sicurezza contribuisce non poco un modo di presentarsi che sia intonato alla stagione, al luogo e alla data.
Quanto alla data, tornando al tema del mare, vediamo che la moda si mantiene all’erta su ciò che le giunge attraverso l’arte, e testimonia la sua attenta curiosità verso alcune tendenze, poniamo quelle dell’arte astratta.
Nei disegni che animano e ravvivano i nuovi costumi non rimane più nulla che sia francamente suggerito dal mondo esteriore, che riporti a una descrizione di oggetti. Si tratta di forme, colori, movimenti che corrispondono a un’impressione ricevuta e che la traducono. È difficile dunque indicare i vari pretesti reali di pittura ad uso della moda; ma risulta in modo lampante che una volta di più arte e moda trovano la via d’incontrarsi. E ciò che determina la convenienza o meno, il decoro o meno, il pudore o l’impudore, rispetto al nudo, è l’atteggiamento; e l’atteggiamento è un riflesso del pensiero.