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La terra ci accusa

Il vecchio pianeta presenta un conto da saldare: animali, vegetali, terre, acqua, aria, lo stesso organismo umano sono altrettanti capitali di una vastissima accusa. Negli ultimi 300 anni si sono estinte oltre 200 specie di animali. Una perdita definitiva per la scienza e per l’equilibro della natura che si trova davanti a vuoti difficilmente colmabili. La morte avanza su intere regioni ormai deserte e silenziose e le regioni più popolate di uomini non sono meno tristi, mancando, oltre che di vegetali, di aria, di luce, di animali. Il Consiglio d’Europa ha elencato 20 specie di mammiferi che sono in pericolo di estinzione. È possibile fare qualche cosa per salvarle?

 

In apparenza, il bilancio sembrava, fino a poco tempo fa, un positivo bilancio. Disponiamo di tutte le cose che ci sono utili, tanto da concedercene anche di inutilissime, abbiamo acquistato conoscenze, e quindi dominio, su alcune forze naturali che ci avevano fatto sentire non più di laboriose formiche, siamo usciti da stati di inferiorità millenari, anche se molti altri ancora ci pesano, viviamo meglio e potremo vivere ancora meglio, soprattutto se deporremo certi egoismi indegni.

Ma oggi quegli uomini che su queste vie sono più avanti di tutti gli altri si sono fermati e si sono guardati attorno: da ogni parte incombono i sottoprodotti del progresso tecnico, vastissime brutture e soprattutto pericoli grandissimi. Se si approfondiscono i termini di quel bilancio che sembrava positivo, insomma, si nota che il prezzo pagato è troppo alto, che in realtà possiamo essere schiacciati proprio da tutto ciò che abbiamo prodotto nella nostra folle corsa.

Non solo noi, ma l’intero nostro pianeta, la nostra madre Terra può esserne schiacciata. La Terra ormai veramente trema.

Una grande paura si sta impadronendo di tutti.

Forse proprio questa paura, però, ci riporterà ad un più sensato equilibrio. Deposte ambizioni e interessi troppo limitati e particolari, dovremo cercare di smontare un meccanismo cui abbiamo impresso moti e leggi che ora procedono per conto loro, fuori da ogni nostro controllo. Forse dovremo solo cambiare al meccanismo alcuni pezzi e soffiargli dentro un po’ d’anima. Certo non si tratterà di tornare indietro, ma di andare avanti meglio.

Così ora tenterà di fare l’America (attuale immagine di quello che tutti i Paesi potranno essere domani), presa dalla paura del suo stesso mito, sollecitata più di quanto voglia confessare dalle violente proteste giovanili, viste e derise finora solo nelle stravaganze esteriori e non capite nella loro fondamentale serietà. Così ora tenterà di fare l’America, perché è arrivata alla conclusione: o l’uomo cambia molte cose e salva subito la madre Terra o non la potrà salvare mai più. Per la sua parte, si è proposta di curare, nei prossimi anni, un Paese imbruttito, ammalato, ricoperto dai rifiuti di una tecnologia che si è preoccupata solo di creare una macchina efficiente (che poi efficiente non è, se ogni giorno migliaia di uomini muoiono di fame).

La gente ha colto l’angoscia espressa vigorosamente dal messaggio presidenziale americano dello scorso febbraio. I giovani hanno colto un’occasione ulteriore per accusare il vecchio mondo: gli danno ragione le foreste martoriate, gli estesi deserti d’acqua, terra e aria, i tremendi conglomerati di case e gli spiriti dei bisonti sterminati dai loro avi. In un collettivo – forse sincero – atto di contrizione è detto: siamo figli dello stesso pallone che rotola negli spazi, lo abbiamo minato nelle sue leggi e nelle sue strutture, stiamo uccidendolo pezzo a pezzo e con lui uccidiamo noi, che formiche siamo ancora, ma formiche intelligenti dobbiamo rimanere.

Fermiamoci, abbiamo sbagliato strada, salviamo pallone e formiche. Quanto sia duraturo e sincero questo sentimento di nuova umiltà non si può dire. Si può però dire come si è arrivati all’atto di contrizione. Anche noi italiani, dalla nostra penisoletta imbruttita, annerita e soffocata, dobbiamo riconoscere nella posizione di frontiera americana verità assolute e generali. Del resto sarebbe difficile contestarle.

Facciamo un po’ di Storia: queste verità salteranno fuori. Dalla cronaca, poi, le stesse verità vengono confermate.

L’uomo ha sempre temuto la natura, anzi l’ha odiata. Nemica la chiama Giacomo Leopardi; estranea, indifferente, procedente secondo leggi spesso crudeli l’hanno chiamata tutti. La natura, in effetti, nella sua lenta evoluzione ha sempre bruciato i più deboli: le specie si sono affermate, sono cresciute, poi hanno iniziato il declino. Quando non sono servite più, sono state spazzate via.

Si trattava però di operazioni distribuite lungo il corso dei millenni, con lentezza. Quando ha distrutto foreste per creare campi coltivati, cercando spazio ovunque gli facesse comodo, la natura è riuscita ancora ad adeguarsi e a riportarsi in equilibrio. Ma poi l’uomo ha esteso la sua opera modificatrice con rapidità, ovunque: ha regolato e cambiato il corso dei fiumi, si è procurato cibo a spese anche di vegetali e animali prima trascurati, ha soprattutto coperto la Terra delle sue costruzioni per vivere e per lavorare. Quando ha inventato l’industria, egli ha fatto esplodere altri bisogni di case e di aree e ha ricavato strumenti rapidi e potentissimi, a loro volta distruttori di secolari equilibri naturali.

Anche il rapporto numerico fra uomini e spazi è cambiato: i primi hanno continuato a moltiplicarsi senza considerare che i secondi non seguono affatto la stessa linea ascendente.

L’umanità, che si conta oggi in 3 miliardi, si conterà a fine secolo in 6 miliardi. Ne consegue anche una progressiva necessità di spazi per costruire, abitare, vivere, muoversi, cibarsi. Ne faranno le spese, certo altri territori, oggi ancora sotto il dominio della natura. Ma l’uomo ha anche cambiato psicologicamente il suo atteggiamento e il suo modo di vivere. Superbo e sicuro di risolvere tutti i problemi, non risparmia più le sue forze, le spreca. Consuma rapidamente quanto una solerte industria gli porge su piatti d’argento e butta via con noncuranza i rifiuti. Il consumo rapido è una conseguenza della maggior produzione, ma diviene anche un incentivo a produrre di più. La spirale si avvita spensieratamente e le statistiche col segno positivo del progresso suscitano infantile orgoglio. Nessuna preoccupazione per quanto succede all’intorno. L’ignoranza dell’ambiente fisico e delle sue leggi vi gioca un altro ruolo: più in generale, si può parlare di pura e semplice inciviltà.

Dunque la distruzione della natura è dimostrazione di una sostanziale inciviltà. L’atto di contrizione di cui parlavamo prima riguarda proprio questa constatazione, ma anche l’atteggiamento sprezzante e superbo che ha portato l’uomo alla solitudine, collocandolo su punte avanzate e isolate, dove nessuno l’ha seguito, neppure ciò di cui ha in realtà bisogno. Al limite, il canto degli uccelli.

Ma il vecchio pianeta presenta ormai un conto da saldare: animali, vegetali, terre, acque, l’aria, lo stesso organismo umano sono altrettanti capitoli di un ampio atto d’accusa.

Negli ultimi 300 anni, dicono i naturalisti, si sono estinte oltre 200 specie di animali.

La morte avanza su intere regioni, ormai deserte e silenziose. Le forme di vita che ancora vi esistono (insetti, per lo più) non aiutano il deserto ad essere meno deserto.

Il Consiglio d’Europa ha elencato 20 specie di mammiferi che sono in pericolo di estinzione. Fra esse ne troviamo molte che vivono nel nostro Paese. L’istrice e la lontra e il muflone sardo, decimato da una caccia spietata. E poi gli stambecchi (ne esistono ancora 3000 nell’area del Gran Paradiso), la capra selvaggia dell’isola di Montecristo e Tavolara, la rarissima foca monaca delle grotte sarde, il lupo, l’orso del Trentino (forse sopravvivono 10 esemplari) e quello della Marsica in Abruzzo (60 esemplari). Assottigliati anche i branchi dei cervi sardi (saranno 300). In via di totale estinzione il gufo reale, il pollo sultano, il gatto selvatico e molti animali definiti «nocivi».

[…] Le insane tendenze dell’uomo sono molto simili ovunque. Le sue colpe sono dirette, perché uccide per vestirsi in modo ritenuto elegante (pellicce, cappelli, monili vari), per pregiudizi e per nutrirsi (procurandosi anche leccornie superflue). Ma uccide anche per il solo gusto di uccidere.

Le sue colpe sono anche indirette: eliminare l’habitat di una specie significa, alla fine, eliminare la specie stessa. […] Caccia e pesca si devono limitare a certe zone e a certi periodi dell’anno, oppure ad un certo numero di esemplari. Si devono creare rifugi faunistici entro i quali gli animali possono trovare la più assoluta tranquillità: ma queste oasi devono anche essere collegate in un sistema che non risulti immerso in terre bruciate e silenziose. È necessario cioè che si proceda ad una classificazione di tutte le risorse naturali disponibili (dalle riserve naturali integrali fino alla campagna e parchi di città) e si creino finalmente le condizioni per una rispettosa convivenza dell’uomo e della natura, attraverso la determinazione di sfere d’influenza preminente dell’uno o dell’altra. […]

Passando ad esaminare più specificamente lo stato del patrimonio vegetale, si può affermare subito che il mezzo di sterminio più dannoso ed esteso risulta ancora il taglio di boschi e foreste. […] L’eliminazione degli alberi è il primo anello di una catena di reazioni per cui il sottobosco e il manto erboso scompaiono, l’humus superficiale è facile preda delle acque e le terre sottostanti non hanno più difese. Il loro dilavamento porta tonnellate di materiale a valle: si riempiono gli alvei dei fiumi e gli straripamenti sono così più facili. […]

In tutta la Terra dunque, boschi e foreste sono in costante diminuzione. Dopo che si è placata l’eterna fame di nuove terre per l’agricoltura, tipica causa di distruzione nei secoli passati, si è sviluppata la fame di terra per le espansioni edilizie.

Ma boschi e foreste sono in costante diminuzione anche per malattie epidemiche o per quelle dovute ai veleni distribuiti sui terreni, contro i parassiti; lo sono per incendi, dovuti in gran parte all’ignoranza, alla diseducazione, al dolo; lo sono per il continuo bisogno di legname da ardere e da costruzione.

Questo impoverimento non accenna a diminuire, anzi. La vita cittadina è sempre più tesa e la nevrosi si diffonde: la fuga settimanale è ormai un bisogno crescente. Ma, con esso, cresce l’uso dei beni naturali. Persino le attività sportive finiscono col richiedere il sacrificio degli stessi beni.

Cresce il numero delle auto, alle cui prepotenti esigenze si stanno conformando città e campagne, oltre che la mentalità degli uomini. Anche qui, fermiamoci: le pubbliche amministrazioni che amano tanto far tagliare nastri tricolori sui nuovissimi nastri d’asfalto (le strade si vedono e si usano, procurano quindi consensi e voti) riflettano. […] Le poche foreste, i pochi boschi sopravvissuti per caso devono essere considerati veri santuari della natura, alla cui vita l’uomo deve partecipare con prudenza e misura. […]

A questa grande mattanza di animali e vegetali partecipano in modo massiccio gli inquinamenti.

È questo un capitolo di fatti gravissimi da molti punti di vista. Gravissimi sotto l’aspetto scientifico, perché eliminano per sempre alcune testimonianze di vita vegetale e animale; sotto l’aspetto produttivo, perché caccia pesca e agricoltura, che forniscono alimento all’uomo, vengono poste in crisi ovunque; sotto l’aspetto sociale, perché vengono turbati i regolari processi vitali e la compagine sociale ne risulta scompensata; sotto l’aspetto naturalistico, perché si alterano equilibri che la natura ha raggiunto lentamente, adeguandosi man mano alle variazioni introdotte dall’esterno, mentre le alterazioni introdotte dagli inquinamenti sono rapide e brutali; infine sotto l’aspetto del paesaggio, considerato come oggetto estetico e come bene d’uso (turismo, reintegrazione fisica e psichica) oltre che come documento storico.

[…] Su questi temi, data la vastissima casistica e la quantità di dati, di cui dobbiamo certo far grazia al lettore, è consigliabile concentrare l’attenzione sulla regione lombarda, anche perché essa raggiunge purtroppo posizioni di valore mondiale e può essere assunta, in certi casi, addirittura come campione.

[…] Atmosfera: prevale, nel centro di Milano, nelle ore di punta del traffico, l’inquinamento dovuto alle auto. Il primato sfuma man mano che ci si allontana dal centro, finché passa all’inquinamento dovuto alle sorgenti di calore domestico e, in minor misura, all’industria. Facendo una media, è pur sempre l’inquinamento dovuto ai camini delle nostre case a reggere il primo posto.

Anidride solforosa, anidride solforica, fumi sono i prodotti del riscaldamento domestico. In Italia e a Milano in particolare non si è ancora arrivati all’impiego generalizzato di centrali termiche al servizio di interi isolati o, addirittura, come nel caso di Helsinki, di tre quarti dell’intera città […]. Nella Pianura Padana, particolari condizioni climatiche (nei mesi più freddi, cielo sereno e assenza di vento) favoriscono la formazione di nebbia, ottimo supporto di quel pulviscolo sopra citato: si forma cioè il notissimo smog. […]

Ben più tragica è la situazione dell’intero pianeta se lo si esamina sotto la cappa di anidride carbonica che lo involge. 20 miliardi di tonnellate di questa anidride, ogni anno, vengono prodotti e si diffondono ovunque: gas di per sé inoffensivo, ma caratterizzato da una «trasparenza» ai raggi che giungono dal sole e da una «opacità» al calore che produce la Terra, esso fa sì che il calore stesso rimanga addossato, appunto come una cappa, al globo. Aumenta la temperatura, si sciolgono i ghiacci polari, sale il livello dei mari. Se è vero che nel 2000 si produrrà anidride carbonica in quantità 6 volte superiore all’attuale, è facile capire che il livello dei mari salirà addirittura di decimetri, con le conseguenze che è facile immaginare.

Le acque aprono un capitolo di altrettanta gravità. Fiumi, torrenti, canali sono inquinati dai pozzi […], dalle fognature non depurate, dagli scarichi delle industrie e dalle aziende zootecniche, dal contatto con terreni agricoli intrisi di antiparassitari, erbicidi, pesticidi, concimi. Lo stato critico dei fiumi lombardi raggiunge punte da primato mondiale. […]

I laghi sono immondezzai, quando non sono anche avvelenati come quello di Orta, morto da anni, e quello di Varese, morto e coperto, nel fondo, da uno strato incredibile di residui metallici. Anche i laghi svizzeri non fanno eccezione. Però la Confederazione sta provvedendo a dotare il lago di Costanza di una serie di depuratori.

[…] La produzione di acque calde aumenterà, con l’aumentare delle centrali elettriche, grandi divoratrici di acque fredde e produttrici di acque calde. Soprattutto aumenterà con la diffusione delle centrali nucleari.

In tutto il mondo scarseggia acqua potabile. I consumi sono aumentati in modo vertiginoso e la disponibilità diminuisce proprio per l’estendersi delle aree inquinate. […]

Le acque marine accolgono le fognature dei paesi rivieraschi e i loro scarichi industriali, oltre ai fiumi inquinati che raccolgono gli scarichi delle aree interne. Accolgono anche le acque di lavaggio delle petroliere, dove la nafta è presente, fanno da immondezzaio delle navi, dei motoscafi d’alto mare, dei pescherecci, ecc. Alla fine, insomma, il mare accoglie tutti i rifiuti più vari […]. Lungo le coste e nei mari interni, dove il moto ondoso è meno accentuato, si creano zone ad altissimo tenore d’inquinamento. […]

Ma anche i terreni sono sempre più avvelenati. Contribuiscono a questo deterioramento i prodotti chimici usati, anche a sproposito, in agricoltura, il pulviscolo che la pioggia porta con sé e, in proporzioni allarmanti, detriti e immondizie, altro grave problema che la società dei consumi e degli sprechi ha ingigantito e che i pochi impianti inceneritori esistenti (che poi inquinano l’aria) non accennano a rendere meno gravoso. […] Forse solo l’energia atomica, come è stato proposto, potrà dare un aiuto decisivo nella distruzione di questa crosta che sta ricoprendo tutto. Ma forse il discorso serio è un altro: si tratta di cambiare la natura dei contenitori e si tratta di renderli utilizzabili più volte.

Questa è l’opera dell’homo sapiens. […] Quest’uomo più incosciente che malvagio, ha concentrato tutte le sue energie in battaglie singole e localizzate, vincendone molte. Ma ha perso di vista proprio la questione fondamentale, cioè il suo rapporto con la Terra. L’uomo è proprio rimasto una formica. […]