Marcello Nizzoli, uno degli ordinatori della sezione dell’Industrial Design alla x Triennale, illustra in queste note la funzione dell’artista nella progettazione di oggetti d’uso prodotti dall’industria
La natura cui allude l’arte è di carattere interiore, soggettivo; ed è in rapporto all’oggetto prescelto, come spunto o come finalità, che si stabilisce un linguaggio che serve a una comune intesa.
La valutazione di questo rapporto non è influenzata, caso per caso, dall’utilità pratica o meno dell’opera d’arte che ne risulta; sarà soltanto l’intensità con la quale riflette i propri valori di forma (e i riferimenti che essi recano con sé) a misurarne il livello, testimoniando della profondità della esperienza acquisita dall’artista ed «espressa» per il raggiungimento dello scopo.
La rivolta contro i metodi tradizionali attuata dall’arte moderna e i nuovi concetti estetici della critica sono responsabili del superamento dei limiti naturalistici imposti da un’arte accademica e hanno reinsegnato l’interiorità, l’autonomia, le multiformi possibilità dei mezzi dell’attività artistica.
Poiché l’uomo lavora e si organizza per migliorare i rapporti che costituiscono la propria vita come individuo e società, va da sé che si cerchi di imprimere un carattere a tutto quanto lo attornia e a tutto quanto gli serve.
Così l’artigiano primitivo nel raggio relativamente vasto e relativamente ristretto della sua attività diede i primi risultati artistici umani producendo oggetti d’uso (armi, stoviglie, suppellettili) trattando il materiale a disposizione secondo la sua sensibilità determinata e contenuta nei termini di una cultura e di un rito.
Ogni azione ha in sé un fulcro di ricerca sì che mentre l’uomo s’organizza lentamente e migliora la propria vita in sempre più larga compagine sociale, s’allarga l’orizzonte delle possibilità tecniche che conducono ad altrettante possibilità di utilizzazione dei materiali a disposizione e che tendono a soddisfare le richieste sempre nuove determinate dal mutamento delle condizioni di vita. La produzione di oggetti complessi e di vasta richiesta è oggi assolta dalla sola fonte che possa fornirla, la grande industria organizzata. Ma ciò non esclude che per gli oggetti prodotti in gran numero si possa trovare un criterio di valutazione estetica: direi invece che questo criterio deve essere trovato in ogni caso, per un principio di moralità. La forma di un oggetto prodotto in serie nasce da un fatto preciso, da necessità determinate, ha una finalità; e perciò può avere delle qualità estetiche adeguate.
Per esempio i rapporti volumetrici tendono a riportarsi a un significato umano: la forma può uscire dal freddo calcolo geometrico e divenire stile, situarsi su un livello estetico. L’artista ha multiformi risorse.
Il coordinamento delle aperture e dei tagli d’un prodotto tecnico o d’uso, lo studio dei giunti, la valorizzazione dei materiali, gli incastri, la suggestione delle vernici, i rapporti tra le angolature e gli smussi, il rapporto tra questi e la superficie, la manualità di una chiusura, di una leva, d’un comando sono problemi che si risolvono in «forma» quando, coordinati secondo la sensibilità di un artista, raggiungono nelle loro relazioni lo stile.
Purché però questi problemi siano risolti con aderenza alle qualità tecniche: che non siano risultato di un concetto di forma pre-suggerito che scende a sovrapporsi all’aspetto tecnico dell’oggetto con casualità.
I rapporti tra forma e funzione del prodotto, tra forma e meccanismo, tra forma e processo di fabbricazione, acquistano volta volta che un oggetto nuovo è «disegnato» delle soluzioni integrate che permettono di porre sul mercato un’attuale testimonianza della collaborazione intima tra gli organismi tecnici e la fantasia dell’artista.
Un risultato che rechi con sé queste caratteristiche avendo una godibilità completa in relazione con tutti gli aspetti con cui si presenta in una società, costituisce un elemento della coordinazione delle attività di essa, contribuisce a conferirle un aspetto unitario.