Per molte settimane fu come un gioco di società, e le belle si telefonavano divertite: «Tu credi che sia Orsetta?» «Chi?» «La populista dell’attico di lusso» (la ragazza ricchissima con tutti gli amici di sinistra). E: «Dimmi, la designer di letti chi è?» «Ma dai che sei tarda, è la Carlina». Mentre la bruna Fiamma veniva riconosciuta fra le lungocrinite animatrici di «Italia Nostra», mentre: «Semplice, è la Tofanelli» era la pronta risposta a quante chiedevano notizie circa la Silvia più bella d’Italia. Invece per il paraintellettuale pallido che si parla addosso, si scommetteva fra due o tre giovanotti di chiacchere e cultura, e almeno dieci erano i nomi che si facevano per le fotografe bene.
Tutti quiz originati dalla lettura dei quotidiani, e non già, lì sopra, della rubrica dei giochi, che fra l’altro c’è su uno soltanto, bensì di certi viaggi che però non son quelli degli inviati speciali, i soliti reportages in corpo sette e mezzo, con tutte le maiuscole a posto e giusti gli a capo. Erano invece pezzi di viaggio tutti in lettere minuscole e mai un punto, stampati dentro cerchi concentrici bianchi e neri, se no in quadrati, rombi, piramidi e triangolini, quali fortemente inchiostrati e quali no, che graficamente si presentavano dunque come giochi, ed eran tutti un gioco anche a leggerli, erano cioè i viaggi di un inviato speciale della pubblicità, piccoli deliri privati con molti pubblici riferimenti, che alla fine regolarmente esplodevano reclamizzando per l’appunto un arnese da viaggio, un pneumatico di straordinaria potenza.
Col risultato che in un mondo come il nostro, saturato dalla pubblicità, per la prima volta ci sono lettori che scrivono alla ditta in questione ad esprimere consenso, meraviglia, e magari sdegno o incomprensione, c’è anche chi telefona per suggerire altri viaggi e, offrendo di collaborare, trasmette le sue personali spiritosaggini. Si sentono offesi invece i tecnici della pubblicità ufficiale, a loro parere questa è una presa in giro del loro mestiere che non è più un mestiere ma addirittura la poetica odierna, quindi crollan la testa l’art director, il copywriter, lo stylist e il visualizer, e tutto compatto si scandalizza il brain trust.
Ecco ora la breve storia di una novità di successo in questo mondo di segni, suoni e immagini che ormai governano la nostra vita di tutti i giorni, ecco l’uomo della pubblicità che all’amministratore delegato ha appena sottoposto una serie di bozzetti per una campagna pubblicitaria dedicata al famoso pneumatico: disegni molto belli di Manzi, e slogan improntati a un pacato humour inglese. Ma: «non mi sembra che ci siamo» è la risposta «pensa ad altro, qualcosa di più nuovo». E quello della pubblicità si propone di pensare ad altro, già sta pensandoci, quando deve farsi portare in clinica perché sciando gli hanno spappolato un ginocchio, e ha la febbre, lo devono operare, lo ingessan fin qui.
Sarà la febbre? E quel lasciarsi andare dolcemente a disordinati ricordi lontani? Fatto sta che quand’è a letto, gli viene in mente come in prigionia gli fosse capitato di assistere un pazzo, e come l’avesse aiutato a sbrogliare quella matassa di cose senza senso che gli giravano in testa, assonanze, rime, associazioni, ugualmente sgangherate in cui affiorava però un lontano fondo di logica, e c’eran dei lapsus ogni tanto che eran perfino geniali.
È riandando a quei dialoghi, a quelle tali parole in libertà che il nostro pubblicitario fratturato mette insieme i suoi sedici testi. È immobile, quindi sogna viaggi: e perché, in segno di reazione al suo mestiere, non adottare per questi viaggi una tecnica di quel genere delirante, curando i nessi però, giocando con le parole, ricorrendo sì alle assonanze quando sono divertenti ,e se fan gioco, alle associazioni? E avanti allora col paradosso, col cambio di consonante, con lo strafalcione azzeccato, vengan pure a galla le reminiscenze infantili, si usi l’impertinenza garbata, si scherzi coi sinonimi e coi contrasti, si camuffino noti personaggi ché poi ci si divertirà a riconoscerli, che il tutto sia infine dettato da un acuto senso di contemporaneità.
Così il gioco è fatto e il quiz impostato, così regge la filastrocca, diventa ritmo la tiritera, in un andante lesto lesto ed ameno si può coinvolgere tutta la gentry di moda con tutti i suoi tic e manie, si viaggia con tutti quelli che si usano, con gli imbecilli di buona volontà, i politici militanti, i dandies di prima e di seconda qualità, con i professionisti di grido, con tutte le belle e le jolies laides sotto vere o mentite spoglie, e quanto ai giochi di parole c’è per esempio l’acne senilis, il principe romano assistente alla sogliola, il mar dei Carmassi, e l’amministratore dileguato. I viaggiatori si cambiano di continuo per arrivare a concludere in un urlo finale: il viaggio sul sicuro lo si fa con quel tal cinturato.
Mancano pochi giorni alla pubblicazione dei pezzi, e da dentro il suo gesso, rileggendoli tutti, il direttore si vergogna un pochino. Certo che qualche amico si divertirà anche, gli par già di sentire però i commenti dei milanesi coi piedi per terra («el sarà anca bell, ma mi capissi no»); allora manda a chiamare Pino Tovaglia e gli dice di trovare delle soluzioni «coprenti», perché tenti di nascondere pudicamente un po’ il testo. Il grafico fa i suoi giochi geometrici, e il testo naturalmente attira di più proprio perché seminascosto. Così fin dal primo giorno anche agli abituali disattenti, a quanti non guardano mai la pubblicità, questa qui assolutamente non sfugge, e quelli che capiscono ridono, quelli che non capiscono subito rileggono per cercar di capire, è insomma la pubblicità di cui si parla, e lo scopo è raggiunto.
Non importa se qualche lettore tutto serio scriva per dire che l’albergo di Maiorca si chiama Formentor e non Formitrol, e che Carmassi è un pittore mentre Sargassi è il nome giusto del mare; importa invece sapere che Fanfani sorridendo si è riconosciuto e anche Lombardi, che l’architetto di successo tutto ansioso chiede di esser citato anche lui, e non fa niente se vien preso in giro; importa che a scrivere sia la compagna d’infanzia felice d’aver ritrovato lì sopra un antico e complice modo di dire. E la diverte il fatto che questo giovanile messaggio l’abbia trovato dentro la pubblicità del cinturato Pirelli.