Sono note le denunce contro le città di cemento, le coste congestionate, i paesaggi distrutti dall’invasione edilizia. Si può dire che la carta delle denunce operate dalla associazione Italia Nostra copra ormai tutte le zone verdi italiane che possedevano caratteri preminenti di bellezza.
Ma per affrontare, ormai, un’opera ricostruttiva in forma moderna, occorre che anche la denuncia si esprima in termini moderni. Il verde non è più difendibile soltanto come spazio di conservazione dell’ambiente primitivo e vergine (considerato una sorta di orto botanico caro alla cultura del Seicento inglese, dell’Illuminismo e del Positivismo), né è difendibile meramente come spazio paesaggistico singolare e irripetibile, caro ai romantici. In termini moderni il verde va considerato come un bisogno fondamentale dell’uomo alla stessa altezza della strada, della casa, della scuola, del luogo di lavoro, ecc. Se si è fatta strada, sia pure lentamente, la coscienza di attribuire a questi ultimi bisogni uno spazio adeguato, in Italia siamo ancora ben lontani dal volere accettare una quota di spazio verde come necessità.
Gli indici di attribuzione del verde sono in Italia fra i più bassi del mondo. Milano conta circa 2 metri quadrati di verde per abitante, Torino 2 e mezzo, Roma 2, mentre Vienna ne ha 50, Helsinki 80, Amburgo 30, Berlino 50, Monaco 160, Madrid 90, Zurigo 55, Los Angeles 30. Anche le città più congestionate, come Parigi, hanno almeno 8 metri quadrati, Londra più di 10, Chicago 20, Bonn 14, ecc. Ma la cosa più triste e preoccupante è che mentre altri Paesi, rendendosi conto della carenza di verde, cercano di elevarne la quota, in Italia, invece, non esistono ancora che timidi tentativi in questa direzione. […]
Il medesimo discorso vale per i parchi nazionali. Gli Stati Uniti dispongono di 28 parchi nazionali per 87 mila e 500 chilometri quadrati, più tutta una serie di riserve e di aree particolari protette per circa 19 mila chilometri quadrati. Nell’Unione Sovietica esistono parchi nazionali e riserve per circa 200 mila chilometri quadrati a cui vanno aggiunte altre 40 aree dichiarate riserve naturali. In Inghilterra circa il 4% del territorio nazionale è destinato a parchi nazionali e a riserve, e così, di seguito, la Danimarca, l’Olanda, la Jugoslavia, ecc. In Italia fino ad oggi sono istituiti solo quattro parchi nazionali per 1770 chilometri quadrati, pari allo 0,58% del territorio nazionale.
Ma prima di vedere in dettaglio come risolvere questo problema, è necessario valutare di quali spazi effettivamente si può disporre.
Una nota ottimistica, pur nella preoccupazione di questo continuo corso all’occupazione dello spazio, sta nel fatto dello spopolamento progressivo della campagna e della montagna, per cui è prevedile, purché si intervenga attivamente nel fenomeno, la possibilità di riconquista di larghi spazi paesaggisticamente interessanti oltre i limiti di quelli che erano ritenuti, per ragioni tradizionali, turistici e positivamente godibili. Ma la riconquista di spazi verdi richiede interventi precisi: rimboschimenti, regolazione delle acque, costruzione di strade, riqualificazione dell’ambiente naturale, ecc. Per fare questo, e quindi allargare l’area dei territori da ritenersi positivi per l’uso del tempo libero e per il turismo, occorre sostenere spese rilevanti. Queste spese potranno essere sopportate solo nella misura in cui lo spazio verde non sarà considerato come un «verde in sé», ma come uno degli elementi di un sistema organizzato in cui le spese potranno essere ammortizzate nel quadro di un piano organico che preveda infrastrutture e attrezzature comuni sia per l’agricoltura, sia per l’industria, sia per servizi e turismo. Un sistema a larghe maglie infrastrutturali e di attrezzature potrà, senza rendere le varie attività contraddittorie fra di loro, servirle tutte in unità economicamente positive.
Secondo questo criterio sarà possibile procedere nella riconquista dello spazio. Se 4 mila chilometri su 8 mila complessivi di coste italiane sono già occupati o compromessi, può essere possibile mettere in funzione gli altri 4 mila anche se in zone di più difficile accesso, affrontando contemporaneamente i problemi di una rivalorizzazione agricola e industriale delle aree sottosviluppate. […]
L’uso dell’automobile può far superare largamente il sistema dei punti «fissi», siano essi costieri o nell’interno, e sostituirlo con un sistema a grandi circuiti di penetrazione che valorizzano intere fasce costiere, montane, lacustri, fluviali, ecc., lungo tutto il corpo del nostro Paese. Con il sistema dei circuiti si potranno stabilire dei percorsi di estremo interesse: coste, interno, centri storici, centri di interesse moderno, centri di spettacoli teatrali, mostre permanenti, festival cinematografici, ecc. […] Questa concezione più larga dello spazio verde supera nettamente il vecchio concetto di «polo turistico» derivato, del tutto erroneamente, dal concetto di «polo industriale». Ma se il polo industriale corrisponde a un modello economico giustificato, il polo turistico non è giustificato neppure da un punto di vista economico. […] Il «modello terziario» deve avere caratteristiche proprie e originali che si possono riassumere nei punti seguenti:
- attuare il meno possibile forme di lottizzazione disseminate che occupano il maggior spazio, creano il maggior onere di servizio, distruggono nel modo più grave il paesaggio e non permettono inserimenti di nuove soluzioni. […]
- concentrare, al contrario, sia residenze unifamiliari, sia case condominiali in alcuni punti ben precisi. […]
- creare sistemi di rotazione nelle residenze realizzate attraverso alberghi, residence-houses e condomini in affitto;
- studiare le residenze in modo che possano essere usate non solo in forma rotatoria, ma anche in forma pluristagionale per poter servire gli abitanti locali nel loro uso continuo del tempo libero, cittadini italiani per vacanze anche brevi e cittadini stranieri per vacanze che essi prendono in tempi diversi da quelli per noi tradizionali;
- inserire tutte le iniziative per il tempo libero e turistiche nel quadro di soluzioni urbanistiche comprensoriali o regionali, che comprendano anche attività economiche nei settori agricolo e industriale, in modo che i costi complessivi di infrastrutturazione e di attrezzatura possano essere distribuiti e non pesare soltanto sull’attività terziaria.
[…] Tutto ciò comporta, dunque, non solo un’opera di cosciente e responsabile conservazione, ma anche una cosciente e attiva creazione della bellezza paesistica in zone sempre più vaste. Siamo ben lontani, in questa concezione, dai limitativi, per quanto giustificati, progetti di conservazione archeologica della natura o di museografia di piccoli tratti riservati alla flora e alla fauna originali. […]
Una volta che la collettività si sarà resa conto che il verde è un bene sociale ed economico essenziale per il proprio sviluppo, sarà possibile una partecipazione collettiva alla cura e alla conservazione del verde come già sta avvenendo in alcuni Paesi come la Svizzera, l’Inghilterra, la Svezia, ecc., e solo quando, infatti, sarà possibile estendere la coscienza di questa necessità in tutti i punti del Paese, i singoli cittadini e gli organi, anche più decentrati, potranno operare su una linea comune per la conservazione e l’estensione di uno dei patrimoni più importanti per la vita associata di oggi e ancor più di domani. […]
Ancora una volta, nel mondo d’oggi, i grandi problemi risolvono quelli minori. Una politica del verde a scala nazionale, potrà dare anche al nostro Paese la soluzione ai singoli drammi che ogni giorno ci tormentano e ci affannano, e sembrano senza via d’uscita.