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La massaia al polietilene

Infrangibili, lavabili, coloratissimi gli oggetti in gomma e materia plastica, per la casa

 

Ricordo che quando ero bambina – abitavo un paese di mare – una volta il mese vedevo la cuoca distaccare tutte le pentole di rame dalla cucina, riempirne un enorme cesto e chiamare il giardiniere perché l’aiutasse a portarlo in un dato punto del giardino. Era un punto, per lei, strategico, sotto un albero di mimosa sensitiva dai bei rami spioventi che facevano ombra, vicino a una pompa a mano. Si accosciava sull’arena e, preso un limone che tagliava a metà, io intrideva di sabbia e incominciava a strofinare le pentole di rame. Strofinava energicamente e ciocche di capelli penduli a poco a poco le coprivano tutto il viso come i fili di una paglia fine. Finito di strofinare andava alla pompa, sciacquava la pentola e quindi la metteva ad asciugare al sole. Dopo un’ora di lavoro intorno a lei era una zona rutilante, inguardabile, i rami al sole risplendevano, così lustri da parere di una materia abbacinante.

Confesso che l’opera della cuoca mi piaceva e che appagava il mio bisogno di meraviglioso. Oggi, quale bambino potrà ancora contemplare una donna intenta a pulire i rami della cucina in una maniera tanto semplice e rudimentale? Limone e sabbia, quando in commercio vi sono prodotti che rendono i metalli simili all’oro, all’argento? Credo nessuno. Oggi del resto, nelle nostre cucine – bianche, laccate, anonime – esistono, visibili, materie che col metallo non hanno più nessuna attinenza. Il metallo che adoperiamo, alluminio o ferro smaltato che sia, è riposto, chiuso, tutto segreto. Ciò che vediamo nelle nostre cucine, però, è oltremodo festoso perché è colorato. Da quando la massaia può scegliere tra i nuovi prodotti, quelli dai terribili nomi: cloruro di polivinile (o «vipla», «sicron», «solvic»); polietilene (o «fertene», «alcatene»), gomma sintetica, materia plastica, ecc., non ha che l’impaccio della scelta: i rosa, gli azzurri, i rossi, i verdi, i gialli, i bianchi, sono i più belli che si siano mai visti, carnosi e spessi, sembrano, quasi, avere tepore, essere quasi, mi si permetta di dirlo, della pasta del fiore. Questi prodotti modernissimi, derivati dalla gomma, dalle resine, sono belli da vedere oltre che comodi.

Una bottiglia da mezzo litro o da un litro per il latte, che cosa è secondo la nostra abituale immaginazione? Una brutta bottiglia di rozzo vetro. Ma ecco che invece, grazie al polietilene, diventa una bella bottiglia di un bianco grasso, scanellata, con tappo di sicurezza azzurro splendente. E il portaverdura, quel cesto di ferro stagnato che diventava presto nero, o arrugginito, che cosa è, oggi? Grazie al cloruro di polivinile che lo riveste, è quasi un oggetto artistico, perché l’armatura di metallo è interamente rivestita di una materia colorata, rossa, verde, azzurra, che oltre ai pregi dell’estetica offre anche quelli della praticità: non arrugginisce, protegge ciò che contiene perché è morbida e pastosa, è lavabile, è infrangibile, è di grande durata. La frutta, o la verdura, in questi cesti rivestiti di materia plastica diventa una gradevole «natura morta». Il portaghiaccioli da tenere nel frigorifero è un bell’oggetto di un bianco latteo, così elastico che basta piegarlo ai lati perché salti fuori il ghiaccio; le caraffe per il ghiaccio, per il latte freddo, per i succhi di frutta, sono di forma elegante e di colori svariati: dal bianco latteo al nero antracite, vi è la gamma di tutte le colorazioni dell’iride.

Nella «toilette» il cloruro di polivinile e il polietilene la fanno da padroni. Forse ogni donna moderna possiede un flacone spargitalco al quale basta premere il fianco, perché la polvere profumata scaturisca, e ben distribuita. Se tutte non si sono decise ad acquistarlo è bene che lo facciano: il polietilene è una materia calda all’occhio e al tatto, infrangibile, di lunga durata. […]

E le spugne? Le spugne meriterebbero una dissertazione. Solo cinquant’anni fa chi poteva immaginare che la spugna avrebbe potuto essere diversa da quella gialla, porosa, coi buchi immaginosi e ricordi sottomarini, che adoperavano i ricchi quando facevano il bagno? La ricercatezza dei proprietari di spugne si riconosceva dal volume della spugna stessa; più la spugna era grossa, più chi l’adoperava era legato alle comodità della vita. Erano amabili spugne, bisogna dirlo, come è amabile tutto ciò che viene dalla natura, ma che avevano gravi difetti: prendevano presto cattivo odore, annerivano, si sbrindellavano. Le spugne più fantastiche che io ricordi rimangono quelle che un asino portava, in due grandi sacchi, sul dorso. Era un asino illustrato dal Doré, e aveva per compagno un altro asino carico di sacchi di sale. Tutti avranno capito che mi riferisco alla bella favola di La Fontaine, quella in cui l’asino che vuole portare, per guadare un fiume, la roba più leggera, cioè le spugne, muore annegato dal peso, mentre il compagno carico di sale arriva sano e salvo all’altra riva perché il sale si scioglie nell’acqua. Non so se oggi un nostro favolista si lascerebbe tentare dalle spugne di gomma sintetica, per illustrare una morale. Basterebbe il colore, se non la forma, che è già attirante poiché la forma geometrica ha sempre fascino. Se i colori della vipla o del polietilene sono grassi, caldi e spesso cupi, quelli della gomma per le spugne son freddi e chiari: il giallino, il celeste, il verdino, il rosso «garance», mi divertirò a dire, che non è poi un rosso, ma un giallo carico come quello del nasturzio, il grigio, il rosa antico, il crema. La Pirelli ha il brevetto delle più comode e complicate, quelle che, a due colori sovrapposti, possono portare inserito il sapone, quelle col manico lungo che «grattano» molto bene la schiena, quelle di grana doppia che possono essere usate insieme per frizionare e per la normale toilette. Nell’uso domestico, inoltre, la spugna a doppia grana è di grandissima utilità, per non parlare di quella che tutti i proprietari di automobile dovrebbero possedere.

Insomma, la nostra casa può essere piena di oggetti di grande praticità e utilità, di oggetti, anche, gradevoli da vedere. Un tappeto da bagno di gomma dai bei colori rallegra tutta la stanza da bagno, un flacone portaprofumo di un rosa carnoso di fiore rende più gradevole l’acqua di colonia, la cipria in una scatola verde smeraldo fa un contrasto di toni che invita al buon umore. Incominciare la giornata circondati da cose che sappiano tenere compagnia e rallegrare l’occhio è già una promessa per la giornata intera. Insomma, noi non abbiamo più i rami rutilanti e le spugne che odoravano di mare (ma le mani delle donne che rendevano lustri i rami, che cos’erano? ma le spugne dai ricordi marini, che cosa diventavano?) bensì una casa piena, se vogliamo, di oggetti comodi, lavabili, infrangibili. La vita moderna ci rende sempre più portati ad avere tutto appropriato agli usi quotidiani e ad essere sempre più puliti. Soprattutto puliti senza fare fatica. «Et surtout pas de vie commode», diceva uno scrittore francese. La frase è bella e rimane chiusa nel suo significato spirituale; poiché nella vita pratica bisogna sempre lodare, e scegliere, ciò che la rende sempre più comoda (intanto, dicono, non lo è mai abbastanza).