Dopo aver compiuto impeccabilmente il mestiere del rotocalco, la Rivista Pirelli cambia verso la fine degli anni ‘50. Non drasticamente, ma in maniera importante. Inizia un’epoca di forte sperimentazione estetica.
Nel 1957 Tofanelli lascia la direzione. Al suo posto arriva Arrigo Castellani, Direttore propaganda Pirelli, uomo particolarmente sensibile e vicino ai giovani talenti della grafica e della fotografia. Ed ecco Enzo Sellerio, Ugo Mulas e Fulvio Roiter avvicendarsi a Pino Tovaglia, Franco Grignani e Renato Guttuso per costruire copertine gigantesche. La testata è sempre più discreta, senza mai perdere di peso. A volte quasi sparisce, come nel gioco di sovraimpressione sulla foto di Fulvio Roiter che ritrae due donne davanti al bâzâr di Isfahân in Persia (N.5, 1964). Gli impaginati si fanno sempre più sperimentali. Le fotografie e le illustrazioni passano dall’accompagnare educatamente il testo a fondersi con esso in un gioco che non è stilistico ma amplia le possibilità narrative. Gli elementi dialogano fino a contaminarsi. Le fotografie diventano parole, le parole fotografie. Nascono interi racconti d’immagini: il fotoservizio dei minatori nel traforo del Monte Bianco di Ugo Mulas (N.5, 1962), quello di Arno Hammacher nel cantiere della Metropolitana di Milano (N.1, 1960) o quello sul “vulcano in fiore” di Enzo Sellerio (N.2, 1964), per citarne alcuni. E nascono numeri monografici, come “Il tempo dell’Uomo: lavoro e no” (N. 3, 1968): un lettering ad hoc, tra i più ingegnosi di Pino Tovaglia, in copertina; le illustrazioni di Riccardo Manzi a intervallare e scandire lo sfoglio interno. La Rivista, più consapevole del proprio fascino, si concede al ruolo di ispiratore per il mondo dei creativi, diventandone centro di attrazione internazionale e di dialogo. Nel 1965, Pirelli affida la copertina natalizia della Rivista (N.5, 1965) a Saul Bass, già celebre designer di marchi e illustratore per registi del cinema hollywoodiano, tra cui Alfred Hitchcock e Stanley Kubrick. Il contributo di Bass è quanto di più intimo si possa immaginare: la foto di sua figlia Jennifer appena nata. L’anno successivo la copertina verrà ripetuta, con una Jennifer cresciuta; come recita la didascalia, “il braccio della mamma non rappresenta più tutto il suo mondo; ora guarda con grandi occhi incantati”.