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Penne rosa. Le scrittrici della rivista “Pirelli”

Donne e scrittura, allora: firme al femminile che negli anni sono apparse sulle pagine della rivista “Pirelli”, fenomeno editoriale che ha lasciato profondamente il segno nella cultura degli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento. La prima firma è quella di Milena Milani, scrittrice savonese che, ben prima di diventare famosa per “La ragazza di nome Giulio”, romanzo del 1964 messo all’indice per offesa al “comune senso del pudore”, già parla dei turbamenti adolescenziali provocati da un costume da bagno in Lastex: l’articolo n. 2 della rivista “Pirelli” del 1950 è “Ernesto, un uomo. Hevea, una pianta”. Lo stesso costume sarebbe stato indossato poco dopo da Marilyn Monroe, dea americana della femminilità. E in America ci porta Fernanda Pivano nel n. 6 del 1953: nessuno come lei sa raccontare all’Italia del Dopoguerra “il colossale sogno riformatore americano”, da Sherwood Anderson a Francis Scott Fitzgerald a John Steinbeck. Età del Jazz e Grande Depressione, ferrovie e scioperi, coloni e -naturalmente- sempre Marilyn. Ma riecco i costumi da bagno in Lastex, in “Donne al mare” di Gianna Manzini, rivista “Pirelli” n. 4 del 1956. Donne “che sentono la loro potenza in modo assoluto, libere, dimentiche dei quotidiani duelli e delle stesse quotidiane vittorie”.
Uno sguardo critico sulla modernità è quello che propone Armanda Guiducci nel n. 6 del 1960: in “I negozi ‘d’architetto’”, la scrittrice napoletana affronta il crescente fenomeno della grande distribuzione, entrando “nel vivo del moderno problema del consumare, in cui, superata la soglia della necessità, l’idea dell’utile va sempre più profondamente associandosi con quella del dilettevole”. Mancano ancora una quindicina d’anni alla notorietà di “La mela e il  serpente”, ma la Guiducci della rivista “Pirelli” già mostra tutta la sua profondità di filosofa-sociologa.

Nel 1966 irrompe sulla scena il Cinturato, rivoluzionario pneumatico Pirelli. Immortalato nel film “La lepre e la tartaruga”; dichiarato “extraordinario” dal pilota Juan Manuel Fangio; da guidare “a occhi chiusi” per l’illustratore Riccardo Manzi. Oggetto, per la coppia creativa Arrigo Castellani-PinoTovaglia, il primo direttore della rivista “Pirelli” e il secondo celebre designer italiano, del tormentone pubblicitario “Un viaggio ma”. Calembours e giochi di parole inscritti dentro poligoni bianchi e neri, allusioni a fatti e personaggi dello spettacolo negli anni Sessanta, esercizio di gossip che diventa advertising. Non può non coglierne il senso Camilla Cederna, che gli dedica l’articolo pubblicato sul n. 4 del 1966: “Tu credi che sia Orsetta?”, “E la designer di letti chi é?”, e così via, in un susseguirsi di associazioni e riferimenti da interpretare, come“la bruna Fiamma”, “la Silvia più bella d’Italia”, “il paraintellettuale pallido”. Quel genio di Arrigo Castellani aveva ancora una volta “visto giusto”.

Verso la fine dei dorati anni Sessanta, Lietta Tornabuoni scrive “PPP” (rivista n. 11-12 del 1968) dedicato a Pier Paolo Pasolini. Sono gli anni in cui il film “Teorema” viene sequestrato e Pasolini afferma “ho passato la vita a odiare i vecchi borghesi moralisti, e adesso, precocemente devo odiare anche i loro figli”. E la Tornabuoni sulla rivista: “Quanto più Pasolini diventa provocatorio e incomodo, tanto più il suo pubblico si allarga. Quanto più lo circonda la scandalizzata deplorazione del mondo borghese, tanto più diventa commerciabile e commerciato”.

Tanti stili, tante voci femminili per raccontare altrettante storie: buon 8 marzo e buona lettura!